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al testo di Enrico Vergoni
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Sono vicino alla fine,
vegliardo con la coscienza innevata. Mentre il freddo danza tra le mie dita i miei ricordi vanno a lei, la prima chiave di violino la prima ora del mattino. Alla mia età gli occhi brillano come il cielo di giugno, sale di mare che scivola dagli occhi. Non si piange perchè si soffre ma perchè si sa che non si tornerà più a farlo. In un divano marrone castagna chiudo gli occhi e vado a pescare sogni lontani nel lago dei ricordi. Seni pesanti e occhi verdi in una vestaglia di nocciole; i capelli le coprivano una parte del viso ombreggiando l’altra. Rosse erano le labbra, come mirtillo selvatico nato sotto un nido di passeri, intrecciato come la corona di Cristo. Di lei non seppi mai il nome, ma quante notti le mie mani l’hanno sognata. Chissà cose è stata per lei la vita? Se le ha danzato intorno come falena nel fuoco o l’ha dimenticata come capita a volte a Dio. Mi sfioro i capelli, bianchi come la mia coscienza; nel petto sento leggera la mia anima, piena di colori come l’astuccio di un bambino. Provo ad alzarmi ce la devo fare, dalla finestra si vede solo il rumore del traffico. Ma dove sono le brine di un tempo? |
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